Il presidente cinese Xi Jinping durante il discorso di apertura delle celebrazioni (Ansa)

«Il popolo cinese non permetterà mai a nessuna forza straniera di bullizzarci, costringerci e renderci schiavi». A dirlo è il presidente cinese Xi Jinping, con parole che gli sono valse la standing ovation durante il discorso di apertura dei festeggiamenti per il centenario del Partito comunista. Il Paese che ha portato il presidente americano Joe Biden a chiedersi «se le democrazie siano in grado di competere» si è riunito in Piazza Tienanmen per assistere all’evento. L’anniversario ha un forte valore simbolico ed è stato attentamente preparato dalla propaganda di Stato per ricordare al Paese e al mondo i successi del regime. Già giovedì scorso, durante un’imponente cerimonia in presenza di più di 70mila persone a Pechino, Xi ha detto che niente potrà fermare l’ascesa della Cina e che «soltanto il socialismo può salvare» il Paese.

Foto Ansa/ Alex Plaveski

Bilancio – Il bilancio dei primi cento anni del partito comunista cinese è tutto sommato positivo: governa la Cina da ben 72 anni e tra due, nel 2023, supererà il Partito comunista dell’Unione Sovietica come il Partito comunista con la permanenza al potere più duratura. Siccome l’iscrizione al partito è il presupposto per ottenere un lavoro nell’amministrazione pubblica e nelle aziende di Stato, conta più di 92 milioni di iscritti. E il numero è destinato a salire per motivi più personali che ideologici. Per questo motivo, negli ultimi anni, Xi Jinping ha imposto di ridurre le nuove ammissioni. Stando ai sondaggi, il partito gode di un gradimento molto alto tra la popolazione e le grandi celebrazioni per i centenario non faranno altro che rafforzare questo sentimento: ormai da mesi la propaganda di Stato è impegnata nella diffusione di film patriottici, esposizione di cartelli e manifesti, trasmissioni Tv.

Obiettivi – Il presidente Xi ha affermato che con la costruzione di una società «moderatamente prospera sotto tutti gli aspetti» è stato raggiunto il primo obiettivo del centenario. In qualità di segretario generale del Partito comunista, il presidente cinese ha aggiunto di essere arrivato a una «soluzione storica del problema della povertà assoluta, e ora marciamo a passi fiduciosi verso l’obiettivo» dei duecento anni, trasformando la Cina in un Paese moderno a tutti gli effetti. Secondo gli osservatori, il Pcc è il partito politico più potente al mondo. Merito anche dello stile autoritario nel governare che, dal 1949 a oggi, è stato in grado di dimostrare – secondo The Economist – un misto di adattabilità, preparazione e brutalità, bilanciando la politica violenta con i benefici derivati dall’eccezionale crescita economica.

Repressione – Nonostante il successo del Pcc sia stato riconosciuto anche all’estero, i funzionari cinesi non hanno mai smesso di governare come se il Paese fosse prossimo al collasso. Negli ultimi anni si è assistito a un incremento della repressione del dissenso. Nel suo discorso, il presidente Xi ha affermato che in base al principio della “Unica Cina”, è necessario «intraprendere un’azione risoluta per sconfiggere del tutto qualsiasi tentativo di indipendenza di Taiwan e lavorare insieme per creare un futuro luminoso per il ringiovanimento nazionale». Ha ricordato anche i territori di Hong Kong e Macao, sui quali Pechino esercita la propria giurisdizione. «Rimarremo fedeli alla lettera e allo spirito del principio di “un Paese due sistemi”, in base al quale il popolo di Hong Kong amministra Hong Kong e il popolo di Macao amministra Macao, entrambi con un alto grado d’autonomia», ha detto il presidente Xi Jinping, rimarcando i sistemi legali e i meccanismi di applicazione per le due regioni a tutela della sicurezza nazionale.

Falso storico – In realtà, il Pcc non è davvero nato il 1° luglio di cento anni fa. La data di fondazione è stata infatti scelta negli anni ’40 e la maggior parte degli storici è concorde sul fatto che la riunione segreta dalla quale tutto è iniziato si fosse tenuta il 23 luglio del 1921. Ai suoi esordi il Partito comunista aveva appena una cinquantina di iscritti, che però aumentarono rapidamente fino a diventare una minaccia per il Kuomintang – il partito nazionalista presieduto da Chiang Kai-shek – che allora governava la Cina. Sotto il controllo di Xi Jinping dal 2012, il partito ha acuito la sorveglianza e la censura dei media culminata con la chiusura del giornale Apple Daily.