Matteo Salvini e Roberto Di Stefano al presidio di protesta contro la moschea di via Luini

Che a sei giorni dal ballottaggio il segretario della Lega Nord Matteo Salvini decida di fare l’ultimo blitz a sostegno di Roberto Di Stefano di fronte alla futura moschea di Sesto San Giovanni è un chiaro indicatore del peso che questa questione sta avendo in campagna elettorale.

La più grande – In realtà, a Sesto il centro culturale islamico c’è da quasi vent’anni. A fondarlo, in uno scantinato di via Tasso, era stato nel 1999 Abdullah Tchina, algerino, tuttora direttore e imam. Poi la necessità di traslocare in uno spazio più grande e la delibera di consiglio del marzo 2012 con cui il Comune dà in concessione al centro l’area di via Luini. Così ha preso il via il progetto della “Moschea Milano Sesto”: 2400 metri quadrati, una delle strutture più grandi della Lombardia, all’interno anche negozi e ristoranti. Tre anni il tempo stimato per la conclusione dei lavori. Nel frattempo i musulmani di Sesto pregano e svolgono le loro attività – incontri, dibattiti, corsi di lingua – in un prefabbricato temporaneo posizionato sugli stessi terreni, in attesa della fine delle bonifiche.

Il rendering della futura Moschea Milano Sesto di via Luini

«Rimuovere il prefabbricato» – È proprio la struttura temporanea ad essere contestata dal centrodestra, in primis dall’assessore regionale alla Sicurezza Viviana Beccalossi. «Il prefabbricato doveva essere inserito nel Piano delle attrezzature religiose del Comune, cosa che non è stata fatta – spiegava già a marzo la Beccalossi – Inoltre, in quanto temporanea, la struttura dovrebbe essere rimossa entro novanta giorni dalla sua realizzazione». «Le argomentazioni tecniche addotte per chiedere l’abbattimento della moschea non hanno fondamento giuridico – aveva replicato la sindaca Monica Chittò – ma solo una finalità politica ed elettorale».

Il Qatar a Sesto? – Durante il sit-in di lunedì, Salvini non ha usato mezzi termini. «Chi finanzia la moschea di Sesto? Se c’è dietro un Paese estremista come il Qatar, non si apre neanche mezzo metro quadro di sottoscala islamico. Mi sembra che questo di Sesto sia il caso – ha commentato il leader della Lega – Un sindaco sostenuto da noi metterà al centro la sicurezza e i diritti di tutti, italiani e stranieri. La moschea è l’ultima delle nostre priorità». Arriva su Facebook la smentita della sindaca: «Nessun finanziamento illecito alla comunità musulmana di Sesto da parte del Qatar o di altre fonti sospette, come emerso dalle indagini di cui mi ha riferito il Prefetto di Milano – ha rassicurato Chittò – È da irresponsabili alimentare il clima di odio e intolleranza nella nostra città». L’imam Tchina non si è voluto esporre: «Non diciamo nulla. È la campagna elettorale e ogni forza politica ha il diritto di esprimere le sue opinioni in modo democratico – si è limitato a replicare – L’opera, come abbiamo già ribadito, è finanziata con i contributi dei fedeli».

Anis Amri – Al primo turno, nel quartiere dove dovrebbe sorgere la moschea, la sindaca uscente ha preso il 30,1%. Di Stefano la tallona con il 29,4%, tre punti in più del proprio risultato complessivo (26,09%). I temi di integrazione e sicurezza, in linea con il clima politico nazionale e internazionale, sono molto sentiti tra gli elettori. Soprattutto dopo l’uccisione di Anis Amri, il terrorista morto per mano di due poliziotti il 23 dicembre scorso vicino alla stazione ferroviaria dopo che, pochi giorni prima, a Berlino si era lanciato con un camion sulla folla provocando 12 morti. Il fatto che Amri si trovasse a Sesto aveva sollevato l’ipotesi che l’uomo potesse avere appoggi e coperture in città.