Niente dimissioni e ancora dieci giorni di caccia ai “responsabili” per Giuseppe Conte. Dopo l’incontro con Sergio Mattarella e quello con i vertici di Partito democratico, Movimento 5 Stelle e Liberi e uguali, il presidente del Consiglio deve trovare i numeri per allargare la maggioranza se vuole evitare un Governo tecnico o l’opzione voto.

Gli incontri – Dopo la vittoria risicata ottenuta in Senato martedì, il 20 gennaio il premier è salito al Quirinale per un incontro con il capo dello Stato sugli esiti del voto di fiducia. Se la maggioranza è sufficiente a Conte per restare a Palazzo Chigi, non garantisce però la stabilità necessaria a governare. Il presidente del Consiglio avrebbe chiesto dieci giorni in più a Mattarella per scongiurare la crisi politica. Che potrebbero essere sufficienti a Conte per costituire una quarta gamba a supporto degli alleati dopo l’uscita di Italia viva. Il vertice di Pd, M5S e Leu ha infatti confermato che non è previsto il ritorno dei renziani al Governo. C’è invece l’obiettivo di rafforzare la maggioranza in breve tempo. Forse addirittura in una settimana, cioè prima della votazione in Senato della relazione annuale sulla Giustizia – che Italia viva ha già detto non voterà. Durante il vertice, il ministro per i Beni e le Attività Culturali Dario Franceschini ha confermato: «Il Governo deve rafforzarsi, non solo numericamente, ma anche da un punto di vista politico», quindi «il programma per un nuovo Patto di Legislatura, resta necessario». Al di là di ciò, il Partito Democratico è apparso però diviso, con il Nazareno propenso a un Conte Ter e a una nuova fiducia parlamentare, mentre molti ministri dem si sono mostrati favorevoli per un rimpasto limitato. Trovati i numeri, l’ala di Zingaretti e Bettini sembrerebbe spingere per la formazione di un nuovo esecutivo. Che prevedrebbe le dimissioni di Conte, un reincarico da parte di Mattarella. Un approccio finalizzato a ottenere una nuova fiducia parlamentare e dunque a un Governo più solido. L’alternativa di alcuni dei ministri del Partito Democratico sembra invece quella di un Conte Ter con un rimpasto limitato, più prudente verso il M5S e che sfrutterebbe le caselle liberate da Italia Viva o eventuali nuove posizioni per l’assestamento.

La quarta gamba – Se il dialogo con Italia Viva sembra escluso, Luigi Di Maio ha anche rifiutato l’eventualità di un’apertura verso Silvio Berlusconi. In un’intervista a Repubblica ha chiuso le porte, «In questo momento noi non stiamo né prevedendo né immaginando un ingresso di Forza Italia…Ci siamo rivolti ai parlamentari animati da uno spirito europeo che però, attenzione, prevede delle sfide». E prosegue, «Ho letto di parlamentari di Italia Viva che condividono questo spirito, non vogliono avvantaggiare i sovranisti, perché questo è il punto». Da un lato si cerca  un possibile appoggio di membri in uscita da Italia Viva, come già successo per il senatore del Partito socialista italiano Riccardo Nencini prima in gruppo congiunto insieme a Matteo Renzi, e su possibili defezioni di azzurri, come per il sì in Senato di Mariarosaria Rossi e Andrea Causin. L’obiettivo di Conte sembra però essere la creazione di una nuova forza parlamentare di centro, europeista e antisovranista. Di essa farebbe parte il neonato gruppo Maie-Italia 23, ex Movimento degli italiani all’estero di Ricardo Merlo, che già supporta il premier in Senato. E potrebbero aggiungersi altri parlamentari. Dall’ Udc, come Antonio Saccone e Paola Binetti, ma anche da Forza Italia. I nomi vanno da Barbara Masini, Luigi Vitali e Anna Carmelo Minuto a Maria Virginia Tiraboschi. Il nuovo gruppo potrebbe però nascere anche a partire dal Centro democratico di Bruno Tabacci, che potrebbe mettere a disposizione il proprio simbolo in Senato. Nel caso non si trovassero i numeri, le possibilità sono la nascita di un Governo istituzionale o le elezioni anticipate.