Il barcone avvistato da Frontex (Foto Ansa)

«Rigorosa». Così Notis Mitarachi aveva definito la politica migratoria greca mentre era ministro delle Migrazioni e dell’Asilo in Grecia. In carica dal gennaio 2020, il governo a cui apparteneva, guidato da Kyriakos Mitsotakis, è caduto nel maggio 2023. Da allora, il governo ad interim, con a capo Ioannis Sarmas, sta portando avanti le misure del premier uscente, che è a un passo dal tornare in carica dopo la vittoria al primo turno di fine maggio. Quattro i pilastri di questa politica: scoraggiare gli arrivi via mare, potenziare le espulsioni e i rimpatri, incentivare i ricollocamenti. Con queste linee guida, secondo un rapporto diffuso a febbraio 2022, nel gennaio 2022 il numero dei migranti sulle isole greche era diminuito del 79% rispetto all’anno precedente. Dopo il naufragio di un barcone con a bordo 750 persone a Pylos, gli analisti si chiedono quanto la politica complichi le operazioni di soccorso al largo.

I precedenti – Come sottolineato da Repubblica, almeno tre episodi mostrano che qualcosa non funziona nel meccanismo di soccorso in mare greco. Primo: il barcone di migranti naufragati lo scorso marzo a Cutro aveva evitato la Grecia prima di approdare in Italia con 94 morti accertati. Secondo: le immagini pubblicate dal New York Times che hanno mostrato le autorità greche nell’atto di rigettare in mare i migranti anziché portarli in salvo. Terzo: il naufragio avvenuto al largo di Pylos. Stando alle autorità elleniche, i migranti avrebbero respinto i soccorsi della guardia costiera perché «volevano proseguire verso l’Italia». Tutti questi episodi non sono stati direttamente associati a una responsabilità greca, ma compongono il quadro di politiche restrittive che portano alla morte di chi cerca protezione internazionale.

Pylos – Intervenendo a supportare le attività di soccorso nel porto di Kalamata, il ministero dell’Immigrazione e dell’Asilo ha fatto leva sulla «necessità di smantellare le reti internazionali di contrabbando che mettono a rischio la vita dei migranti». Nessuna spiegazione finora è stata fornita riguardo all’intervento tardivo della Guardia Costiera. Secondo quanto ricostruito da Alarm Phone, le prime segnalazioni erano arrivate alle 9:35. Riguardavano 750 persone. Solo 104 sono sopravvissute.

Nel comunicato diffuso da Nawal Soufi, la volontaria che ha risposto a tutte le telefonate – la stessa che aveva ricevuto le segnalazioni inviate dal barcone di Cutro – da parte dei migranti, «non c’era alcuna intenzione di continuare il viaggio verso l’Italia, perché non avrebbero saputo navigare per arrivare in acque italiane, poiché mancava il vero conducente della barca e continuavano a chiedere cosa fare». Il conducente infatti si sarebbe allontanato a cinque giorni dall’inizio del viaggio, lasciando l’imbarcazione in mare aperto, con le persone rimaste senz’acqua e sei cadaveri a bordo. Da quanto si è potuto ricostruire, la confusione sarebbe nata dal un tentativo di soccorrere i migranti. I migranti hanno raccontato a Soufi che «una nave si è avvicinata all’imbarcazione, legandola con delle corde su due punti della barca e iniziando a buttare bottiglie d’acqua». Secondo la volontaria, quei movimenti avrebbero destabilizzato l’imbarcazione: «I migranti si sono sentiti in forte pericolo, poiché temevano che le corde potessero far capovolgere la barca e che le risse a bordo per ottenere l’acqua potessero causare il naufragio».

La detenzione – Già nel 2021 l’Oxfam e il Consiglio greco per i rifugiati avevano denunciato presunte violazioni dei diritti rispetto ai richiedenti asilo in Grecia. La strategia sarebbe stata quella di aumentare i controlli e potenziare la detenzione amministrativa.  Secondo il report, in oltre il 50% dei casi, i migranti venivano trattenuti nei centri per il rimpatrio oltre sei mesi. Oltre a questo, stando a quanto dichiarato a Repubblica dal deputato europeo greco Stelios Kouloglou, «2.150 profughi sono finiti in carcere  perché accusati di essere degli scafisti». Spiega sempre Kouloglou che il traffico di essere umani è il secondo reato più diffuso in Grecia. «Il mio Paese è diventato la più grande prigione del mondo di presunti trafficanti di uomini», ha detto Kouloglou.