«Saremo il primo Paese della storia ad avere un partito unico in democrazia», Nayib Bukele celebra con queste parole la sua vittoria e quella del suo partito Nuevas Ideas nell’Asseblea Legislativa. Il presidente millennial, alla guida del più piccolo stato latinoamericano dal 2019, El Salvador, ha confermato il suo posto sul trono per altri cinque anni. Quando il Tribunale supremo elettorale (Tse) aveva scrutinato appena il 31% dei voti, Bukele si è proclamato “vincitore assoluto” dal balcone del Palazzo nazionale nel centro storico della capitale San Salvador. Il Presidente uscente (ed entrante) ha annunciato: «Secondo i nostri numeri, abbiamo vinto con più del 85% dei voti e almeno 58 seggi su 60 nell’Assemblea».

Un elezione discussa – Se la vittoria era data per certa, la domanda era con quale percentuale Bukele l’avrebbe ottenuta. Qualora fosse confermato, il sostegno dell’85% della popolazione è un risultato storico che, nelle intenzioni del governo, dovrebbe mettere a tacere le critiche provenienti dai media internazionali che accusano Bukele di essere un dittatore. Lui stesso nel 2021 si descriveva nella biografia del suo account Twitter come «El dictador más cool del mundo». Un’etichetta che ora è stata sostituista da “Philosopher King”, ma che descriveva in buona parte la personalità contraddittoria del leader. Il giovane impreditore di 42 anni di origini palestinesi ha conquistato il suo popolo con una vincente e ostinata attività sui social e il pugno duro. Leggendo i commenti ai suoi post di Instagram, oltre ai messaggi di affetto e sostegno dei salvadoregni, spiaccano con grande frequenza frasi come “nel mio Pease servirebbe qualcuno come Bukele”,  “Come posso votarti anche se sono di un altro Stato?”. È un uomo estrememente popolare non solo in El Salvador, ma in tutta l’America Latina, e del suo modo di governare si parla come del “metodo Bukele“, a cui guardano ammiccando l’Ecuador stravolto dalla violenza delle gang e la Buenos Aires del neoletto Milei. Ma si è parlato di presidente dittatore anche perché la Costituzione salvadoregna vieta in sei articoli la rielezione cosecutiva del Presidente. Bukele è riuscito ad aggirare questo divieto grazie a un’interpretazione della Camera costituzionale della Corte suprema di giustizia, sotto il suo controllo, secondo cui si sarebbe potuto ripresentare alle elezioni se avesse lasciato l’incarico per sei mesi. Così è stato, e a dicembre ha chiesto un congedo al Parlamento di 6 mesi per dedicarsi alla campagna elettorale. Dal primo di dicembre è Presidente ad interim Claudia Rodríguez de Guevara, segretaria privata di Bukele.

Lotta alle pandillas – Il più grande successo politico di Bukele è stato trasformare uno dei Paesi più pericolosi al mondo, che ha raggiunto il record mondiale di 103 omicidi ogni 100mila abitanti nel 2015, in uno dei più sicuri (2,4 omicidi ogni 100mila abitanti). Come i suoi predecessori, anche Bukele nei primi anni del suo governo strinse un patto segreto con le due principali gang criminali del Paese, la Mara salvatrucha (MS-13) e il Barrio 18. Ma le cose cambiarono nel marzo del 2022: le pandillas ucciserono in un solo weekend 87 persone e Bukele rispose dichiarando guerra alle gang. Da allora di mese in mese viene rinnovato lo stato di eccezione – l’ultimo il 10 di gennaio – , che è accompagnato da arresti arbitrari e sistematiche violazioni dello stato di diritto. In meno di due anni, le autorità hanno recluso 72mila persone senza che fossero ascoltate da un giudice. La popolazione carceraria ha toccato quota 96mila, rendendo El Salvador il Paese con più alto tasso di detenuti al mondo. Un anno fa è stato inaugurato un nuovo maxi carcere a Tecoluca, a una settantina di km da San Salvador. Le immagini cinematografiche girate nel Centro de Confinamento del Terrorismo (Cecot) sono presto rimabalzate su tutti i media per la brutalità con cui sono trattati i detenuti.