A dieci giorni dalla scomparsa del Boeing 777 della Malaysia Airlines il numero dei Paesi che partecipano alle ricerche dell’aereo è salito a 26. Oltre alla Malesia che fa da capofila, anche la Cina ha avviato le operazioni sul proprio territorio. Lo ha riferito l’ambasciatore cinese in Malesia all’agenzia Nuova Cina, precisando che le operazioni di ricerca si svolgono nelle regioni del Paese situate “nel corridoio aereo settentrionale”, fra le rotte possibili seguite dall’aereo. Pechino ha fatto sapere inoltre, che l’inchiesta sui passeggeri cinesi a bordo, non ha rivelato alcun elemento che coinvolga uno o più di loro in un dirottamento dell’aereo o in un attentato.
Le indagini – La virata verso ovest del Boeing 777, effettuata con il velivolo al confine tra la Malesia e il Vietnam, è stata compiuta dal sistema computerizzato nella cabina di pilotaggio da qualcuno che conosceva bene i comandi dell’apparecchio. Lo hanno riferito funzionari americani al New York Times. Sarebbero state sette, otto pressioni di tastiera che hanno determinato il cambiamento di rotta dell’aereo. Il dirottamento sarebbe avvenuto nel momento in cui le torri di controllo si passano le consegne, tra lo spazio aereo malese e vietnamita. Sette, otto pressioni di pulsante, e quattro parole pronunciate dal co- pilota sono le tracce più importanti emerse nei giorni di inchiesta sulla sorte del velivolo. “All right, good night”, secondo gli investigatori è stato l’ultimo collegamento tra la torre di controllo e l’aereo. A parlare il co-pilota Fariq Abdul Hamid, 27 anni. Intanto le ricerche si sono estese per 8mila chilometri. Dal Kazakhstan a Nord fino all’Oceano Indiano a sud.
Nel corso delle indagini gli investigatori hanno trovato a casa del comandante Ahmad Shah Zaharie, 53 anni e dello steward Tan Size Hiang, 46 anni, un simulatore di volo.
Luigi Brindisi