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La società di San Francisco offre un servizio di ridesharing,  mettendo in contatto autisti privati e passeggeri tramite un’applicazione per smartphone

Uber non riesce a uscire dalle polemiche e viene bandita a Nuova Delhi. Servizi sospesi e accusa di truffa per l’azienda americana di trasporto privato, dopo che un autista è stato accusato dello stupro di una turista di 27 anni. La vicenda si inserisce nella bufera mediatica in cui l’azienda si ritrova da un paio di mesi. A fine ottobre la giornalista Sarah Lacy aveva attaccato Uber accusandola di aver stretto una collaborazione con una società di escort a Lione. Immediata la replica del vicepresidente Emil Michael: “Dovrai sentirti personalmente responsabile per tutte le donne che verranno stuprate da un tassista”. Parole pesanti che, a pochi giorni di distanza, gli si sono ritorte contro.

Ecco come si sono svolti i fatti. Nella notte tra venerdì e sabato (6-7 novembre) un dipendente di Uber stupra una cliente nella periferia di Nuova Delhi. La ragazza, una turista che lavora nel campo della finanza, denuncia l’accaduto. Si scopre subito che l’autista, Shiv Kumar Yadav, 32 anni, è pregiudicato, avendo già passato sette mesi in carcere nel 2011 con l’accusa di violenza carnale compiuta a Mehrauli. Immediata la reazione delle autorità indiane: com’è possibile che una società di trasporti accetti di avere tra i propri collaboratori un pregiudicato per violenza sessuale? Uber ribadisce di aver controllato a dovere, che le carte erano in regola. Rilancia annunciando che “lavorerà con il governo per stabilire controlli chiari dei precedenti del personale, che pure sono attualmente assenti nei programmi di concessione delle licenze del trasporto”.

Un botta e risposta con le autorità indiane che ha avuto come conseguenza l’inserimento dell’azienda di San Francisco nella black list delle società che non possono operare nella capitale e una denuncia per truffa. Gli investigatori accusano infatti Uber di non effettuare i controlli sulle referenze degli autisti ingaggiati, contrariamente a quanto dichiarato sul loro sito web.

Gabriele Nicolussi