I carabinieri di Caserta hanno eseguito 52 misure cautelari nei confronti di alcuni agenti della polizia penitenziaria del carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), coinvolti negli scontri con i detenuti avvenuti il 6 aprile 2020. Sono indagati per i reati di tortura, violenza privata e abuso di autorità, per i fatti avvenuti nei giorni successivi alla protesta innescata da centinaia di detenuti dopo la notizia di un caso di positività al Covid-19. Sotto misura cautelare anche il provveditore delle carceri della Campania Antonio Fullone, l’ex comandante dell’istituto Gaetano Manganelli e il comandante del nucleo traduzioni e piantonamenti Pasquale Colucci.

La protesta – Alla notizia che uno dei carcerati addetti alla distribuzione della spesa del reparto “Nilo” sarebbe stato posto in isolamento con la febbre alta, il 6 aprile 2020 150 detenuti della casa circondariale erano insorti. Mentre nel resto dell’Italia è cominciato il primo lockdown, a Santa Maria Capua Vetere il tasso di affollamento in quel momento è pari al 115,3% (933 detenuti sugli 809 consentiti, fonte Antigone) e prevenire il contagio sembra difficile. Entro la sera del 6 aprile, la polizia penitenziaria, con l’aiuto di reparti speciali arrivati da Napoli, riesce a spegnere la rivolta. Le violenze però continuano. Secondo la ricostruzione dell’associazione Antigone, basata sulle segnalazioni dei familiari dei carcerati, decine di agenti si sarebbero presentati il 7 aprile tra le 15 e le 16 in tenuta antisommossa, con i volti coperti dai caschi e, in gruppi, sarebbero entrati nelle celle prendendo i detenuti a schiaffi, pugni, calci e colpi di manganello. Altri reclusi sarebbero stati fatti uscire dalle celle e denudati per alcune perquisizioni, per essere poi insultati e pestati. Le indagini sono cominciate in seguito a denunce ed esposti, anche da parte dell’associazione.

La risposta del Sappe – Dopo le misure emesse dal gip di Santa Maria Capua Vetere su richiesta della procura, il Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe) ha espresso «sorpresa ed amarezza». Il segretario generale Donato Capece ha dichiarato: «A noi sembrano provvedimenti abnormi considerato che dopo un anno di indagini mancano i presupposti per tali provvedimenti, ossia l’inquinamento delle prove, la reiterazione del reato ed il pericolo di fuga. Confidiamo nella magistratura perché la polizia penitenziaria, a Santa Maria Capua Vetere come in ogni altro carcere italiano, non ha nulla da nascondere».

Non solo Santa Maria Capua VetereAltre indagini sono in corso per presunti abusi, violenze e torture da parte della polizia penitenziaria in seguito ad alcune proteste causate dalla paura del contagio da Covid-19, tutte verificatesi intorno all’8 marzo 2020. È il caso della casa di reclusione di Milano-Opera, dove le violenze sarebbero state commesse nel I reparto a rivolta finita, questa volta da parte della polizia di Stato e dei carabinieri, il 9 marzo 2020. Anche nella casa circondariale di Pavia si indaga sull’ipotesi di violenze, abusi e torture a opera della polizia penitenziaria dopo la protesta dell’8 marzo 2020. Mentre il 9 marzo nel carcere di Modena nove persone sarebbero morte per intossicazione da farmaci, sempre in seguito a una rivolta scoppiata il giorno precedente. Altri procedimenti penali sono a carico di agenti della penitenziaria di Ascoli Piceno e Melfi.