Dalla Somalia, passando per il Kenya, fino ad arrivare negli Usa. Ilhan Omar è la prima rifugiata africana e la prima musulmana a conquistare un seggio al Congresso. Nonostante le politiche anti-immigrazione del presidente Trump, la vittoria è stata schiacciante: con il 78,4 % ha battuto la repubblicana Jennifer Zielinski e ha conquistato con facilità alla Camera una circoscrizione del Minnesota. La sfida che ha portato alla sua vittoria è stata, quindi, tutta al femminile.

L’infanzia e la carriera – Ilhan ha 36 anni e una vita alle spalle che racconta il dramma dei nostri giorni. Orfana di madre, a 12 anni insieme a suo padre e ai suoi fratelli emigra dall’Africa alla Virginia per stabilirsi definitivamente a Minneapolis. In soli tre mesi impara perfettamente l’inglese e a 14 anni, come traduttrice, accompagna suo nonno a votare. Laureata in relazioni internazionali, ha sempre avuto una passione per la politica. La sua carriera incomincia seguendo le campagne di Kari Dziedzic, senatrice del sessantesimo distretto del Minnesota, e Andrew Johnson, come membro del Minnesota City Council. Nonostante la giovane età, Omar ha già tre figli e due matrimoni alle spalle.

Le posizioni politiche – Di ispirazione democratica e socialista, ha condotto la sua campagna elettorale rivendicando il salario minimo, le agevolazioni per gli studenti universitari e la parità di genere. Strenua sostenitrice di un sistema che accolga e comprenda i benefici dell’immigrazione, la giovane somala si è schierata contro il muslim ban, il provvedimento trumpiano contro le etnie musulmane. Ha fatto parlare di sé, ancor prima che il Time decidesse di inserirla nella lista delle 46 “donne che stanno cambiando il mondo”, per alcune dichiarazioni in cui incolpava lo Stato israeliano «di aver ipnotizzato il mondo». Accusata di antisemitismo, Omar ha chiarito di non aver nulla contro la religione ebraica, ma di aver sempre e solo criticato l’operato di Tel Aviv in politica internazionale. Indossando lo hijab al Congresso potrebbe diventare il peggior incubo di Donald Trump.