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I blindati francesi di stanza in Costa d'Avorio e inviati in Mali (credit: Ansa)

Nonostante la minaccia jihadista di «colpirla al cuore», la Francia raddoppia il proprio impegno nel conflitto che da qualche giorno infiamma lo stato africano del Mali. «Invieremo altri soldati», ha annunciato il 15 gennaio il presidente Hollande in visita a una base militare francese ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi. E il ministero della Difesa ha precisato che il numero dei militari inviati nel Paese africano raggiungerà progressivamente quota 2.500, dai 750 inviati fino ad allora.

Già martedì mattina è giunta nella capitale Bamako una colonna di circa 40 blindati provenienti dalla Costa d’Avorio, dove le truppe francesi hanno una presenza permanente per la missione di peacekeeping ‘Licorne’ a fianco delle forze dell’Onu. Secondo fonti dell’Eliseo, anche parte dei 700 militari – e i sei caccia Rafale – di stanza proprio nella base di Abu Dhabi saranno mobilitati in caso di necessità.

Hollande ha poi aggiunto che «i raid condotti nella notte hanno colpito il loro obiettivo». Dopo i bombardamenti di domenica sulle città di Gao, Konna e Kidal, nella notte tra lunedì e martedì l’aviazione francese ha attaccato Diabaly, caduta il giorno prima in mano ai ribelli. Fonti della Sicurezza maliana hanno confermato la morte di almeno cinque islamisti.

Il numero degli sfollati sale: «I combattimenti hanno provocato nuovi spostamenti della popolazione, sia all’interno del Paese che verso i Paesi vicini», ha denunciato il portavoce dell’Ufficio per gli affari umanitari dell’Onu, Jens Laerke. Il numero degli sfollati interni ha raggiunto quota 230 mila, circa 30 mila in più rispetto al dato stimato prima dell’intervento militare. I rifugiati nei paesi vicini (principalmente Mauritania, Niger e Burkina Faso) sono invece 144 mila.

Giorgia Wizemann