Alfredo Romeo

Indagato per aver fatto assumere la figlia nell’azienda a cui doveva sbloccare delle fatture non pagate. È Emanuele Caldarera, direttore generale del servizio di pulizia del Palazzo di Giustizia di Napoli, il nuovo volto dell’inchiesta Consip. Il suo ufficio è stato perquisito dai carabinieri la mattina del 16 marzo in cerca di prove. I pm Henry John Woodcock e Celeste Carrano lo accusano di concorso in corruzione con Alfredo Romeo. L’imprenditore napoletano,  al centro dell’inchiesta che coinvolge la centrale unica per i bandi e servizi della pubblica amministrazione, è in carcere dal 1 marzo con l’accusa di aver pagato delle tangenti fino a centomila euro a Marco Gasparri, dirigente Consip, per ottenere un appalto di 2,7 miliardi di euro.

Assunzioni e traslochi – Secondo l’accusa Romeo avrebbe assecondato la richiesta di Caldarera, insediatosi il 18 ottobre 2016, in cambio del pagamento di alcune fatture per la sua azienda di pulizie «Romeo Gestioni spa», congelate dal dirigente precedente. L’imprenditore ha assunto la figlia dell’alto funzionario tra fine ottobre e inizio novembre. Caldarera avrebbe chiesto il trasporto gratuito dei mobili dal suo vecchio ufficio di Roma, dove lavorava al Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi, a quello nuovo di Napoli. Nell’inchiesta sono indagati anche il Agostino Iaccarino manager della Romeo Gestioni e Tommaso Malerba, un dipendente.

Sistema Romeo – Si aggrava la posizione di Romeo, già indagato per concorso esterno in associazione cammorristica per aver assunto dei malavitosi, in cambio di appalti per la pulizia dell’ospedale Caldarelli di Napoli. Secondo i pm, Romeo avrebbe corrotto anche altri funzionari napoletani offrendo in cambio di soggiornare gratis in uno dei suoi alberghi. Caldarera sarebbe solo l’ennesima pedina del «sistema Romeo», come ribattezzato dalla Procura di Napoli, per accrescere la sua influenza. Il Ministro della Giustizia Orlando ha ordinato un’indagine interna per chiarire la situazione. Il candidato alla segreteria del Pd contro Matteo Renzi e Michele Emiliano, cerca così di tutelare la figura del ministero.