I controlli a distanza sono stati introdotti da un decreto attuativo al Jobs act approvato dal governo lo scorso 11 giugno (foto Ansa)

I controlli a distanza sono stati introdotti da un decreto attuativo al Jobs Act approvato dal governo lo scorso 11 giugno (foto Ansa)

«È spionaggio contro i lavoratori, difficile non definirlo Grande fratello». Così Susanna Camusso, segretario della Cgil, definisce l’introduzione dei controlli a distanza nel decreto attuativo del Jobs Act. La misura, approvata lo scorso 11 giugno dal governo Renzi, legalizza l’uso di pc, smartphone e tablet per il controllo dei lavoratori dipendenti. E cancella l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori che vietava «l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori».

«Sono molto preoccupata, siamo di fronte a un’idea della vita della persone sconvolgente che impedisce al lavoratore di essere libero», ha spiegato Camusso durante un intervento a un convegno sulla pubblica amministrazione. La leader della Cgil è convinta che la decisione del governo sia un «abuso rispetto alle norme sulla privacy delle persone». Ed ha aggiunto che il sindacato è pronto a intervenire: «Valuterò tutto quello che è possibile fare, inizieremo dalle commissioni, sentiremo le authority, valuteremo ricorsi giudiziari», ha annunciato Camusso promettendo nuove mobilitazioni.

Per la numero uno della Cgil questa norma «conferma l’idea di disinvestimento sul lavoro, che viene visto come merce giocata al ribasso, negando tutte le affermazioni fatte sulla lotta alla precarietà e sulla creazione di un mondo del lavoro migliore». All’orizzonte un nuovo braccio di ferro fra governo e sindacati. L’ennesimo sulla riforma del mercato del lavoro. E che arriva a poche ore dall’ultimo scontro, dopo l’annuncio del premier Matteo Renzi, il 15 giugno, dello stop all’assunzione di 100 mila precari della scuola.

Carmela Adinolfi